I Colli Berici, oggi dolci pendii, un tempo molto lontano formavano una barriera corallina, di cui resta traccia nei gradini della chiesa di S.Pietro apostolo di Mossano; infatti la pietra dei Berici, di cui sono costituiti, è fittamente cosparsa di conchiglie fossili.
E proprio dal paese suddetto inizia la bella escursione primaverile.
I Colli si presentano un po’ velati di foschia, ma ugualmente affascinanti.
Il passante s’addentra tra i caldi muri di sasso della valle dei mulini, per l’esattezza dodici, ancor oggi funzionanti. Le grosse ruote in legno sono la testimonianza di un’epoca molto lontana ( il mulino Lindo risale al 1150) basata su un ’economia contadina a gestione familiare. Anche gli animali domestici erano coinquilini dello stesso stabile: sotto si trovava il trogolo del maiale, mentre sopra dormivano le galline. Il pittoresco agglomerato è abbellito maggiormente da vari attrezzi agricoli appesi alle pareti esterne delle case, tra cui ne spicca una dai balconi rossi. Il tutto è incorniciato dal torrente, che scorre tranquillo tra sponde fiorite di calle. La vita quotidiana di quel tempo aveva bisogno di servizi comuni: perciò ecco un po’ più in là il lavatoio e la ghiacciaia comunale.
Lasciato il borgo antico ci si addentra nel bosco, si sosta sotto un’imponente quercia, fino a sbucare in una radura rallegrata dal sottofondo canoro dei grilli. Però non è l’unica colonna sonora della giornata: anche gli uccelli si danno da fare per ritmare la passeggiata.
Altra caratteristica dei Colli Berici sono le pareti rocciose, improvvise e bellissime, e le numerose grotte. Queste ultime sono tuttora studiate dall’università di Ferrara, che ne cura la datazione e ricerca tracce di preistoria, in particolare dell’uomo di Neanderthal. La prima è stata chiamata “Buso dea Stria” in quanto presenta due enormi fori divisi da un grosso pilastro, quasi fosse il naso della strega posto tra i suoi enormi occhi, da cui si scruta la faggeta; infatti per raggiungerla bisogna salire un sentierino nel folto del bosco e quindi si spalanca davanti agli occhi del visitatore con le sue ombre e i suoi fasci di luce. Un’altra grotta, più tenebrosa, è quella delle “Tette”.
Intanto fuori al sole fioriscono le orchidee: tridentata, apifera, olosericea e, la piuttosto diffusa, piramidale; quest’ultima mostra pure un esemplare completamente privo di colorazione. L’olfatto’è solleticato dall’intenso profumo del ligustro in fiore, mentre la vista gode dello spettacolo dei vicini Colli Euganei.
Finalmente si giunge alla grotta più importante, ossia quella di S.Bernardino. Il Santo si fa subito notare affrescato sulla parete d’entrata, per l’esattezza dipinto su uno precedente. Ma il fascino misterioso è all’interno. La cavità non è di dimensioni notevoli, però fu utilizzata dall’uomo nelle varie epoche storiche.
Dapprima offrì riparo all’ uomo di Neanderthal. In seguito fu utilizzata in periodo longobardo, di cui resta traccia in un bassorilievo: si tratta di una Madonna con Bambino di evidente ispirazione bizantina ( il Bambino è situato a sinistra e non dal lato opposto come nell’iconografia tradizionale). Nel Medioevo fu adibita ad eremo e visitata da S.Bernardino da Siena. Infine nel 1510, usata inizialmente come rifugio, si trasformò in trappola mortale per ottocento persone. Ora costituisce un’importante attrattiva per gli escursionisti.
Manca solo il tocco finale: il volo leggiadro delle farfalle chiude questa piacevole escursione sui Colli.
Antonietta