Il drago di cima Pape

Un giorno una bambina di Sacchet di Vallada se ne stava appoggiata a uno steccato a rimirare il bosco e la montagna davanti a sè, attratta in modo particolare dalla imponente cima Pape, così particolare per quel suo colore scuro. Era una giornata bellissima, si vedeva bene anche la croce sulla cima, e alla piccola sembrò quasi di notare qualcosa di stra­no che si librava nell'aria, attraversando i cieli sopra la sua testa. Proprio in quel momento sopraggiunse la meda (zia) che, avendola vista così assorta, le chiese cosa stesse mai guardando. Mentre la bimba le raccon­tava quello che le era sembrato di vedere, la zia le disse: «Vedi, una volta lassù, sulla cima Pape, o Spiz de Medodì, abitava un gran drago».

«Come, un vero drago?», chiese con gli occhi sgranati la bambina.
«Certo, il più grande che fosse mai stato visto. Questo ogni mattina si svegliava e appena s'alzava il sole mandava fuoco e fiamme, così da tingere di rosso la nuvole e il cielo tutt'attorno... Poi, quando l'aria era riscaldata al punto giusto, il drago improvvisamente si alzava nel cielo, sbatteva le grandi ali e, simile a una palla di fuoco, passava so­pra la valle e volava dall'altra parte, dietro la montagna delle Peze di Colmont».
«Perché andava proprio là, meda Tina?», chiese la bimba.
«Lassù, proprio dietro le ultime rupi, c'è un laghetto tutto nero, che si chiama Lac dei Negher. Ebbene, questo lago ha un'acqua limpida e freddissima, e il drago, stanco e assetato, si fermava là per bere, rin­frescarsi e riposare. Si stendeva sulla superficie dell'acqua e poi con le grandi ali sollevava delle onde che gli ricadevano sulla testa, sul dorso e sulla lunga coda. Così si faceva il bagno, e poi spariva...».
«In mezzo al lago c'è un gorgo formato dal risucchio delle acque... ebbene, il drago si sprofondava proprio là e vi restava ben nascosto finché arrivava l'ora di tornare allo Spiz de Medodi».
«E quando tornava?»
«Nessuno l'ha mai visto far ritorno. Si sapeva solo che ogni mattina, puntuale, lui era là, sullo Spiz de Medodì, e faceva diventare rosso il cielo per poi partire per lo stesso giro... almeno quando il tempo lo permetteva». Con queste parole la meda Tina si allontanò dalla bimba per fare i suoi lavori, mentre la ragazzina tornò a guardare il cielo verso cima Pape, ormai certa che quel vibrare dell'aria l'avesse provocato proprio quel terribile drag

 

Tratto dal libro ' Dentro la Montagna - Le Dolomiti tra leggenda e geologia ' di Paola Favero

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