Gli ometti di Pietra del Monte Schoneck

TRA GLI OMETTI DI PIETRA

 

Fascino, mistero, magia sono tutti sostantivi appropriati alla Stoarnerne Mandlen, che tradotta letteralmente altro non è che “cima omini”, il soprannome, largamente meritato, del monte Shoneck. Per arrivarci però bisogna attendere a lungo questa vetta, quasi centellinare la sorpresa, che così diviene ancora più piacevole.

L’escursione ha inizio dal rifugio Sarentino, situato nella valle omonima. Una valle bellissima, per tanto  tempo isolata, possedendo solo scadenti vie di comunicazione a causa di una forra rocciosa; così ha conservato intatti usi e costumi antichi, perfino una lingua propria, ricca di termini arcaici dalle molteplici sfumature, non riscontrabili in nessuna vallata dell’Alto Adige. Qui i boschi di abete rosso e di larice sono tutti certificati, ossia gestiti in modo ecologico e i masi si scaldano al sole nelle radure.
E’ una valle da cui se ne dipartono altre di secondarie, come quella del Rio Deserto. Man mano che la si percorre, il Yakbosco lascia il posto ad ampi tappeti erbosi, dove pascolano tranquilli gli yak dalle lunghe corna arcuate e dalla folta pelliccia rossiccia. In seguito la vista spazia verso le cime dalle calde tonalità autunnali, nitide contro l’azzurro del cielo che più terso di così non si può, dove solo le scie degli aerei disegnano strane linee geometriche. E man mano che si sale spuntano le Dolomiti. Il Catinaccio per primo, quasi sospeso tra le nebbie e incorniciato dalle cime degli ultimi abeti e, più su, le altre cattedrali di roccia: Marmolada, Sella, Sassolungo, Sassopiatto, Odle….
Si può solo godere del paesaggio, riscaldarsi al sole autunnale, più caldo di quello della strana estate piovosa appenaDolomiti trascorsa e quasi si dimenticano i misteriosi ometti di pietra. Già, gli omini sono ancora lontani, oltre la lunga e bellissima dorsale panoramica disegnata dal dolce saliscendi delle quattro cime: Spieler, Maiser Rast, Giogo della Croce ed infine Shoneck. Ebbene eccola finalmente “Cima Omini” profilarsi in alto, in controluce!
Lo sguardo cerca con ansia i primi cumuli neri tanto attesi, scruta la cima capeggiata dall’alta croce di Lorena a due bracci. Quando il piede calca la vetta è l’apoteosi:  oltre100 ometti di pietra di tutte le forme e dimensioni sono sparsi ovunque. Per un attimo si resta immobili senza parole ad osservare la scena, sì te l’aspettavi, ma la realtà supera di gran lunga l’attesa.
Ma perché cima Shoneck è diventata Stoarnerne Mandlen?
Da sempre i sentieri alpini sono segnati da piccoli cumoli di sassi per indicare agli escursionisti la retta via. Qui però sono concentrati in modo anomalo e misterioso, quasi magico. Alcuni sono lì da millenni, per cui la loro origine si perde nella notte dei tempi. Secondo alcune ipotesi potrebbero risalire addirittura agli uomini primitivi del Paleolitico, essendo state trovate, in alcuni sassi, delle incisioni e pietre focaie databili a quel periodo. Altri li attribuiscono ai Celti o pensano siano il risultato di qualche passatempo dei pastori. Comunque il luogo ha assunto un’aria magica che sa di riti dei tempi trascorsi.
Secondo una leggenda le streghe si riunivano qui per bruciare rami di mugo: da tempo si sa che il suo profumo libera lo spirito e infonde forza.

Ma non tutto è avvolto dalla nebbia del mistero e della fantasia. Esiste della storia ed è molto triste. Purtroppo siamo nel Medioevo, il periodo dei secoli bui. In quel tempo si compirono crimini atroci. Ne furono vittime molte donne, accusate di stregoneria.
Una di queste, una certa Barbara Pachler, essendo un po’ strana, rifiutata da tutti, cominciò a vagabondare poco curata; pertanto fu sospettata di essere una strega. Si trovano riferimenti nei documenti giudiziari del tempo, in cui risulta essere stata accusata di aver partecipato a riti magici e stregonerie proprio sulla cima del Monte Shoneck, già abitato dagli omini di pietra. Di conseguenza lei fu costretta a confessare, sotto atroci torture, di aver compiuto atti terribili. Infine la povera Barbara fu bruciata viva nel 1540.
Ma nel fascino di questo luogo chissà forse si può anche sognare e pensare Barbara curata e pettinata aggirarsi a sistemare gli omini; alcuni sono così alti, più di un essere umano, che magari di notte sono stati aggiunti dei sassi da lei, che buona lo è sempre stata, ma ora è una fata.
Scherzi a parte il luogo è talmente intriso di fascino, che scendere diventa un’impresa difficile, ti giri ancora una volta: gli omini poco a poco spariscono, finchè rimane, nera contro il cielo, solo la croce di Lorena.

 

Antonietta

 

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