Nella foresta innevata

NELLA FORESTA INNEVATA

 

Con il wek-end invernale ha inizio la nuova stagione escursionista del Gruppo Naturalistico. Mai come quest’anno il termine “naturalistico” si addice perfettamente all’escursione con le racchette da neve. Quindi, non la solita ciaspolada in ambienti bellissimi ricoperti dal candido mantello invernale, ma molto di più.

Il tutto si svolge nel silenzio della millenaria foresta di Tarvisio, la più vasta area demaniale dello stato, in cui l’abete rosso cresce fitto e rigoglioso, addirittura ad un’altezza inferiore a quella abituale. In questo ambiente s’inseriscono, come in uno scrigno, i gioielli dei laghi di Fusine. Ora dormono sotto una leggera coltre di Lago superiore di Fusineghiaccio, non proprio completa, dal momento che in alcuni tratti appare l’acqua, abitata dai germani reali. Sono tra gli specchi d’acqua più belli d’Italia, racchiusi in una valle visibilmente modellata dai ghiacciai. La loro origine è infatti legata all’azione della glaciazione della tarda era quaternaria: sono laghi di sbarramento, trattenuti da blocchi di roccia, detriti, sabbie e limi espulsi dal ghiacciaio, che li abbandonò poi nel suo ritiro. Il lago Superiore di Fusine riversa lentamente  le sue acque, infiltrandosi al di sotto del cordone morenico, in quello Inferiore, più basso di appena cinque metri. Ma il ghiacciaio  nel suo Masso erraticoritiro abbandonò anche “pezzi” molto più consistenti: sono i massi erratici, che un tempo galleggiavano sul mare di ghiaccio ed ora si mostrano imponenti nella conca. Sono talmente maestosi, che gli furono attribuiti dei nomi, in onore dei geologi che li studiarono; abbiamo così il masso “Marinelli” e il “Pirona”. Quest’ultimo è il masso erratico conosciuto più grande delle Alpi meridionali, presenta una parete perfettamente verticale, adibita a palestra di roccia. In tale cornice, sotto le imponenti pareti del Mangart, si svolge la prima escursione riscaldata dai raggi del sole.

La sera regala una molto apprezzata novità: un’uscita in Val Bruna. Il crepuscolo sta scemando e nel cielo appare una piccola falce di Luna; però l’aria è talmente limpida che il nostro satellite, per il fenomeno della luce cinerea, ossia il riflesso della radiazione luminosa della Terra, mostra anche il profilo circolare della parte in ombra. Vicinissimo brilla Venere e, man mano che il buio avanza, si nota il piccolissimo puntino di Marte. Appunto il buio avanza ed il cielo si riempie di stelle; bisogna spegnere le torce per apprezzare le varie costellazioni: Orione, Cassiopea, Gemelli, Pleiadi, Grande e Piccolo Carro con la Stella Polare…..e stelle… e stelle…. E noi piccoli terrestri con il naso all’insù ci emozioniamo a questo meraviglioso spettacolo della natura.

Siamo pure premiati dal passaggio della stazione spaziale che, lontana quattrocento chilometri, continua la sua corsa velocissima attorno alla Terra (compie la sua orbita in appena un’ora e mezza). La seguiamo finchè sparisce dietro le sagome nere degli abeti, poi salutata Samantha, continuiamo la nostra notturna sulla coltre nevosa scricchiolante.

Il giorno dopo nevica, una neve fina, a granellini. Non bagna, così si può anche godere del paesaggio: poco sopra l’Alpe di Fusine, una vasta radura testimonia la passata esistenza di un terzo lago di Fusine; ora è completamente colmato, ma in tempi lontani rappresentò il maggior deposito di morene glaciali della zona e salvò il lago Superiore da una rapida estinzione.
Lungo tutto il percorso che sale al rifugio, il bosco è vestito da uno spesso mantello bianco, che trasforma le forme e le Rifugio Zacchirende magiche: gli abeti rossi infatti si sono lasciati modellare per stimolare la fantasia dell’escursionista.
Finchè in mezzo alla foschia appare il rifugio Zacchi, ornato dalle bandierine delle preghiere tibetane. Anche all’interno una calda atmosfera orientale avvolge l’escursionista bisognoso di riparo e lo rende anche partecipe della gastronomia friulana.

Il terzo giorno, sempre sotto una continua nevicata, si percorre la Val Saisera. In sloveno Saisera significa “dietro il lago"; si ritiene infatti che un tempo in questo luogo sorgesse un lago di formazione glaciale, trattenuto a valle da uno sbarramento morenico; sarebbe poi scomparso nel 1349  a causa di un terremoto che sconvolse la vallata.
Qui sono stati recuperati dei percorsi storici inerenti al primo conflitto mondiale. La valle si trovava in una posizione strategica, che offriva agli Italiani la possibilità di penetrare in territorio austriaco. Il terreno è così disseminato di testimonianze belliche, che costituiscono un percorso tematico, chiamato “Abschnitt Seisera" dal nome delSasso bucato settore militare che copriva l'intera valle.  Dapprima si visita il caposaldo del "Sasso Bucato", dove una galleria attraversa un enorme masso erratico trasformato in una postazione per mitragliatrici. In seguito si esplorano altri due fortini.
Qua e là lungo il percorso dell’escursione sono raffigurate varie effigi lignee dalle vesti bianche bordate d’oro della Madonna del Sacro Monte di Lussari. Anche se non visibile a causa delle avverse condizioni meteorologiche, il complesso religioso è poco distante e come tale fu preso di mira durante il conflitto. Ricostruito in tempo di pace, rappresenta oggi il più importante santuario mariano per le popolazioni slovene, ma è vistato anche da fedeli italiani ed austriaci, tanto da essere definito luogo di culto europeo. La sua origine è legata ad un’antica tradizione, secondo la quale nell’anno 1360 sul Lussari un pastore di Camporosso smarrì le sue pecore, che ritrovò poco dopo inginocchiate attorno ad un cespuglio di pino mugo. Con grande meraviglia si accorse che al centro del cespuglio si trovava la statuetta di una Madonna con Bambino in legno di faggio. Egli la prese, la portò a valle e la consegnò al Parroco di Camporosso. La mattina seguente però la statuetta venne trovata nuovamente sul Lussari, sempre attorniata dalle pecore inginocchiate. L’ episodio si ripeté ancora una volta. Il Parroco quindi informò del fatto il Patriarca di Aquileia e su suo ordine sul luogo, in cui era stata ritrovata la statua, fu costruita una cappella.

Così con successo, anche per merito della brava guida Fulvio, termina il wek end invernale ed ogni partecipante ritorna a casa arricchito di  nuove esperienze.

 

 

 

Antonietta

 

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