Parchi Canari

Isole Canarie

Parchi Canari

Settimana esaltante ma anche impegnativa quella che va dal 5 al 13 luglio e che vede protagonisti ben 32 soci del Gruppo Naturalistico: ”A. Dal Sasso” del CAI di Bassano del Grappa.

L’escursione programmata in occasione del 30° di fondazione del Gruppo, si svolge alle Canarie, precisamente nell’isola di Tenerife, con salita al: ”Pico del Teide” di 3.718 m., la montagna più alta della Spagna e secondo vulcano più alto dell’Europa.

Quella che segue è la cronaca in diretta di quei giorni indelebili nel cuore di ognuno.

Arrivati sul luogo, come supporto, abbiamo a disposizione ben tre guide: Valentina, ottima organizzatrice generale, Mario per il settore turistico, Mauro guida impareggiabile e preparata per le varie escursione montane.

Come quando ci si muove in terre sconosciute è bene prima acclimatarsi ed è quello che facciamo visitando e divertendoci assai al: ”LORO PARQUE”.

Dopo entusiasmanti spettacoli di orche, delfini, leoni marini, pappagalli e visite all’acquario e rarità faunistiche, il giorno passa in fretta e siamo pronti per la prima escursione.

Questo primo trekking si compie nella parte Ovest dell’isola. Con il bus passiamo per Santiago del Teide dove si narra che nell’eruzione vulcanica del 1796 successe un fatto abbastanza singolare. Gli abitanti del villaggio minacciati da vicino dalla colata lavica, nonostante le fervide accorate preghiere rivolte al cielo, la lingua di fuoco inesorabile avanza distruggendo ogni cosa. Il parroco “un’ombre” di fede granitica, prese allora la statua della Vergine Maria e in solenne processione, con i flagellanti in testa, si diresse verso il fronte lavico, deponendo la Madonna proprio di fronte all’inferno di fuoco che minaccioso avanzava. Miracolosamente la lava si fermò!

Non senza qualche brivido, per la strada a strapiombo, arriviamo a Masca dove ha inizio la nostra prima avventura. La partenza è in discesa verso un profondo burrone o “barranco” come viene chiamato qui. La vegetazione è caratterizzata da palme, fichi d’india, agavi e draghi (una pianta tipica), mentre il mondo animale offre la presenza di uccelli rapaci come il gheppio e lo sparviero, qualche capra selvatica, lepri e sui campi di lava la lucertola canaria. Nel profondo del “barranco” scorre un minuscolo rivolo d’acqua, prezioso liquido per quest’isola assetata data la sua siccità. Piogge rare e solo d’inverno un po’ di neve sul Teide. Nel passato venivano scavate gallerie, tuttora attive, all’interno delle montagne per la ricerca di polle d’acqua. Oggi moderni desalinizzatori integrano tale mancanza.

Dopo ben quattro ore di marcia nel “barranco” arriviamo al mare e sulla singolare sabbia nera del litorale facciamo un meritato bagno. Un’ora più tardi un battello preleva tutti e con buffet freddo a bordo e una buona “cerveza” ci si ristora dalle fatiche fatte. Ci porta poi all’avvistamento dei delfini, che difatti vediamo nel numero di quattro mentre si rincorrono felici.

Escursione al Parco Naturale di Anaga Nord-Est dell’isola. Qui la vegetazione è abbondante e rigogliosa grazie ai venti Alisei che favoriscono la formazione di nuvole sempre cariche d’umidità. La flora è composta dall’erica arborea (alta anche 3-4 metri), dall’agrifoglio, da cespugli di laurisilva, dalla felce; molti tronchi sono coperti da licheni. Partiamo da un piccolo villaggio chiamato “Chamorga” dirigendoci in salita verso un promontorio con bella vista sul mare. Si discende poi per un ripido sentiero fino alla “Roque Bermejo” sulla spiaggia e poi in risalita, sempre con aria asciutta e ventilata per ritornare a Chamorga.

La poesia di un poeta locale, innamorato del luogo ne decanta la bellezza!

Prima della conquista spagnola le Canarie erano abitate da un fiero popolo i “ Guanci”. Una popolazione con pelle chiara e di alta statura di cui però non si conosce l’origine. Si ipotizza siano berberi provenienti dalla vicina Africa. Nel 1402 la Castiglia iniziò la conquista delle isole con una spedizione guidata da Jan de Bethencourt che dovette superare però l’accanita resistenza della popolazione indigena. I Guanci usavano imbalsamare i loro morti ponendo accanto a loro ciotole di cibo per il lungo viaggio, proteggendoli in grotte ventilate e murandone l’apertura.

 

Il “Pico del Teide” costituisce insieme al gigantesco cratere spento della “Caldera de las Canadas” il Parco Nazionale del Teide: dichiarato recentemente dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Ha un diametro di ben 16 Km e la circonferenza di 45.Nel pomeriggio saliamo con il bus e dopo vari terrazzamenti coltivati per lo più a patate e pomodoro d’inverno, osserviamo da vicino la prima foresta di pino canario la cui caratteristica è di essere un legno molto duro, diritto, nero e resistente al fuoco. Arrivati sui duemila metri

rimaniamo impressionati dall’enorme caldera e dalle grandi colate laviche del Teide che sembrano appena uscite dalle sue viscere. Nonostante l’altitudine e le condizioni sfavorevoli del terreno, qua e là stupende fioriture contrastano nettamente con le sue rocce vulcaniche; cespugli di ginepro, margherite, una pianta tipica detta la “retama del Teide” e poi la più singolare e bella in assoluto è il “Taginaste azzurro” e il “Taginaste purpureo” piante alte fino a 2 metri.

Zaino in spalla e avanti. Sono le quattro del pomeriggio. Proseguiamo su strada sterrata. Il clima è desertico, si suda poco e subito asciutti, lava rossa e nera contrastano con il giallo dei lapilli. Grossi macigni di colore nero sparati dalla bocca  del vulcano sono sparsi ll’intorno. Per noi abituati a camminare sulle alpi è uno spettacolo veramente suggestivo. Il sentiero si fa ripido, la marcia più dura e la quota si fa sentire, ma arriviamo tutti dopo tre ore al rifugio Altavista, cena e pernottamento! La sveglia è alle quattro! Causa la quota molti non hanno dormito. La temperatura esterna si è abbassata notevolmente, l’abbigliamento è da alta montagna.

Siamo radunati quasi tutti, muniti di pila, all’esterno del rifugio in attesa dei ritardatari, Caio sta infatti ancora dormendo della grossa. Beato lui! In cielo le stelle luccicano con un’intensità così viva che sembra di allungare una mano per toccarle. Le osservo incantato, si vedono benissimo: la via Lattea, l’Orsa Maggiore e Minore, le Pleiadi, tutte le stelle e i pianeti dell’universo sono sopra di noi. Mi commuovo ripensando alla mia vita passata, ai miei cari eroici genitori, alla mia brava moglie, ai miei figli, gioie passate e presenti nell’altalena della vita, per non arrendersi mai. I cari amici che non ci sono più “andati avanti” come dicono gli alpini: Giliolo Carli e Bepi Mattiazzo compagni di tante avventure.

Una dopo l’altra ben quattro stelle cadenti sfrecciano nel cielo; esprimi un desiderio dice qualcuno! E’ già un sogno essere qui assieme a tanti amici cosa si può volere di più nella vita? In lunga fila indiana saliamo facendo la massima attenzione dove mettere il piede, dato il buio pesto e la fioca luce delle pile, ma lentamente, lentamente, un chiarore lattiginoso si fa avanti migliorando la visibilità. Un forte odore di zolfo si fa sentire: è lo strappo finale una mezz’ora e siamo sul Padre: ”El Pico del Teide” di 3.718 m. Stretta di mano e gioia grande, tutto il gruppo ha raggiunto l’obbiettivo. Aspettiamo imbacuccati sulle nostre giubbe a vento il sorgere del sole che poco dopo si alza luminoso e solenne.

Un altro giorno ha inizio. Il mistero della vita che continua!!

Giancarlo data l’importanza del momento intona con voce alta “sul ponte di Bassano” e tutti con passione lo seguiamo.

Foto di rito, orgogliosi attorno all’emblema del nostro Club e poi discesa per l’itinerario di salita, facendo meritato ristoro al rifugio Altavista. Paolo Zaramella ci spiega in modo scientifico i vari sommovimenti tellurici e le conformazioni rocciose. Nicolò Dal Prà, esperto conoscitore di minerali, vista la proibizione di raccolta, fotografa invece notevoli esemplari di: ”ossidiana”, di “olivina”, e di “Hidrosinicite” e altri ancora.

Arriviamo puntuali a mezzogiorno al bus. Un complimento meritato va ai nostri giovani Ale e Filippo per il loro comportamento solidale in questa giornata così particolare………e bella.

 

Sulla nave che ci porta a la “Gomera o Colombina” perché fu qui che Cristoforo Colombo salpò nel 1492 alla scoperta dell’America, ci viene dato il benvenuto in lingua spagnola, inglese e poi un uccellino si mette a cinguettare (o così sembra), chiesta spiegazione alla guida Mauro ci viene detto che il fischio è il singolare linguaggio di comunicazione da un “barranco” all’altro, fra gli abitanti di Gomera ed è valido tuttora. Incredibile!!

Siamo a San Sebastian capoluogo dell’isola. Il bus ci attende per portarci nel “Parque National de Garajonay” anch’esso “Patrimonio dell’Umanità”. Le rocce di quest’isola sono invece basaltiche, le piogge regolari e i venti alisei portatori, di nubi, rendono verdeggiate l’ambiente. Qui c’è un altro modo di vivere, semplice raccolto assai meno frenetico di Tenerife.

Le donne di La Gomera usano grandi copricapo per proteggersi dal sole, abiti abbottonati al collo con maniche e gonne lunghe per avere sempre la pelle bianca da vere signore. Mah, valle a capire……..le donne!!

Dopo un trekking esplorativo da un “barranco” all’altro della durata di circa quattro ore, ci fermiamo in un posto panoramico a degustare piatti tipici isolani; squisiti!!

E Valentina? Vi siete dimenticati di quella bella, simpatica ragazza mora dal sorriso affascinante? Proprio lei è la protagonista nell’offrirci la carrellata di emozioni finali; fatta di storia, clima, cultura, enogastronomia e spettacolo accompagnandoci nel giro completo dell’isola.

 

Idilliaca la piana di Orotava! Straordinaria la dracena millenaria di Icod!

Buona la paella di Garachico!

Magnifico lo spettacolo serale di flamenco a La Piramide de Arona!

Giorni indimenticabili!!

A Mario, Mauro e Valentina mucca gracias de todo, hasta luego! Ci rivedremo!

A Franco e Marina organizzatori del viaggio, un grazie corale e sentito da tutto il gruppo, per il grande impegno profuso e durato quasi un anno.

 

 

Bortolo Dal Degan

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