Nel 'castello' dell'acqua ricordando Bianca
Domenica 19 ottobre segna una data speciale: tanti amici camminano insieme per ricordare Bianca. E sono proprio tanti, più di settanta. Niente di strano, lei se l’è meritato!
Bianca era una persona speciale, piena di voglia di vivere, con una grande passione per la montagna. Questo suo amore l’aveva espresso lavorando prima per il CAI di Bassano del Grappa ed in seguito per quello di Fiume. Così i soci delle due sezioni si trovano insieme a percorrere il sentiero che conduce ai Castelloni di S. Marco.
La giornata inizia a Malga Fossetta avvolta nella nebbia; ma ben presto il sole spunta dagli abeti e con i suoi lunghi raggi fuga anche il più resistente dei bianchi brandelli, svelando un meraviglioso cielo azzurro. Il sacello, dal colorato tetto rosso, è così illuminato dal nostro astro e incorniciato dai larici in veste autunnale. La salita percorre il bosco di abete rosso interrotto da qualche faggio dalle calde tonalità rossastre intessute di sole. Man mano che si sale spuntano le cime coronate dai larici e abbellite da qualche buffa nuvoletta bianca, dapprima le Vette Feltrine, poi le Pale di S. Martino, la Marmolada, Cima d’Asta, l’Ortigara e la Caldiera.
Però la particolarità dei Castelloni è la sua anomala vetta. Quando la si raggiunge non mostra nessun panorama da godere a perdita d’occhio. Al contrario, si percorre un labirinto naturale tortuoso e stranissimo, a volte tenebroso, a volte magico fatto di torri, gole, grotte, pertugi. Per cui ci si muove tra strabilianti e caotici ammassi di ciclopici macigni chiusi tra corridoi simili ai crepacci di un ghiacciaio. Improvvisamente si esce alla luce del sole a dare uno sguardo al paesaggio, per poi rituffarsi nuovamente in gocciolanti, stretti e scoscesi cunicoli. Questo regno è stato prodotto dal carsismo superficiale: l’acqua ha lavorato per millenni i calcari grigi plasmando il suo castello; ecco così spiegato il significato del nome Castelloni. Il complesso domina la Valsugana, che si fa vedere, a sorpresa, con scorci bellissimi, 1500 metri più in basso. Il tutto fa parte del grandioso apparato carsico della Fossetta, profondo oltre 900 metri con decine di chilometri sotterranei, che scarica le sue acque nella grotta della Bigonda.
Questo dedalo ebbe anche un altro scopo: servì da riparo a tanti infelici ragazzi chiamati a combattere un conflitto assurdo.
Anche fuori del labirinto il terreno parla il linguaggio carsico: appare la Busa dei Quaranta, un’ enorme voragine di forma rettangolare, formatasi con un’ampia dolina di crollo, delimitata su tre lati da verticali pareti rocciose, mentre solo sul restante bordo scende più dolcemente attraverso un piano costellato di massi; quasi si cela tra una cornice di abeti rossi.
In seguito ci si muove lungo sentieri tranquilli, impreziositi dalle ultime Genziane aslepiadee fino a rivedere il tetto rosso del sacello di malga Fossetta.
Antonietta